Da Leonardo da Vinci ai bioingegneri si impara dagli uccelli
LORENZO L. BORGIA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 11 maggio 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia
del testo: AGGIORNAMENTO]
La pittura rappresenta al senso con
più
verità e certezza le opere di natura…
[Leonardo
da Vinci, Trattato della Pittura]
Se meraviglia che la ricerca tecnologica sulla riproduzione artificiale del
movimento animale possa ricondurre ai problemi che si poneva Leonardo da Vinci
nello studio del volo degli uccelli, ancor più colpisce che, per la realizzazione
di robot potenzialmente in grado di adottare le speciali soluzioni dinamiche dei
volatili, gli ingegneri biomeccanici siano tornati all’antico metodo
dell’osservazione naturale. Quest’affascinante circostanza, che sembra
preludere al compimento di un lavoro del Genio universale nel cinquecentenario
della sua morte, ci suggerisce un viaggio a ritroso nel tempo, con una breve
incursione nella realtà rinascimentale.
A Firenze, nei suoi dodici anni di sistematica formazione e intensa
sperimentazione, Leonardo entrò sotto la protezione del quasi coetaneo Lorenzo
de’ Medici, raffinato umanista, studioso d’arte, mecenate e abile diplomatico,
che fu per lui un maestro di comunicazione. Da questa influenza si ritiene sia
nato l’eloquente linguaggio visivo che gli storici dell’arte hanno portato alla
nostra attenzione come “pittura parlante” e datano a partire dall’Adorazione dei magi, realizzata nel
1481, quando l’artista aveva ventinove anni[1]. Oggi è facile riconoscere alla
pittura del Rinascimento il ruolo di principale mezzo di comunicazione di massa
legato all’immagine, ma è importante considerare che, per giungere al grado di
competenza tecnica e abilità artistica necessario per la trasmissione visiva di
contenuti astratti significativi ed evocativi, bisognava sottoporsi a un lungo
apprendistato che educava all’osservazione della realtà e ai modi efficaci per
impossessarsi delle sue forme.
A quell’epoca, la pittura non era solo una delle “belle arti” definita dai suoi
tre canoni identitari, ossia disegno, composizione e colore, ma era considerata
una vera e propria scienza e, per coloro che la studiavano e la praticavano,
costituiva una dimensione dell’esistenza, seconda solo a quella spirituale,
come traspare dallo stesso Trattato della
Pittura del Maestro di Vinci[2]. Si comprende che la regola della
copia dal vero per conoscere l’oggetto che si voleva riprodurre non fosse, per
Leonardo, un semplice esercizio di disegno, ma un metodo di conoscenza.
Con la nascita della fisica galileiana, l’estrazione del paradigma
matematico dal fenomeno osservato diventa la regola ma, fino ad allora, il
primo e principale strumento di studio naturalistico era costituito dalla
riproduzione grafica, ossia da un’analisi visiva della forma, fin nel dettaglio
più minuto, e dalla sua resa imitativa su un foglio con inchiostro, sanguigna,
carboncino, gessetti, grafite e altre pietre, oppure con punte d’argento o di
piombo su tavolette preparate, perché non esisteva ancora la matita.
Un’operazione di analisi, sintesi e memoria. Le fotografie sono
incomparabilmente più fedeli e complete dei disegni, ma non hanno comportato
quel particolare esercizio cognitivo di lettura della forma finalizzato alla
sua astrazione e conservazione nelle due dimensioni. In questa esperienza,
Leonardo era maestro nel cogliere aspetti del moto da mutamenti morfologici,
come magistralmente esemplificato nel Codice
delle Acque, in cui rielabora disegni e testi dell’architetto Francesco di
Giorgio Martini. Ma è il movimento animale ad affascinarlo ed ispirarlo al
punto da suggerirgli la celebre frase: “Il moto è causa di ogni vita”[3].
Nei diciotto fogli del Codice sul
volo degli uccelli[4], i disegni fermano sulla carta le
impressioni percettive delle sagome aviarie negli atteggiamenti e nelle
dinamiche salienti per la comprensione dei segreti che consentono a queste
creature di sorvolare, sfrecciare, planare e atterrare o posarsi su un ramo con
la stessa armonica naturalezza. Lo studio ha l’intento dichiarato di imparare
dagli alati per realizzare macchine volanti, che il Genio di Vinci denomina con
lo stesso termine usato per gli animali, come si evince da queste parole: “E
oltre a di questo, se lo uccello si voltassi sotto sopra, tu ài largo tenpo a rivoltarlo in
contrario, colli già dati ordini, prima che esso ricaggia
alla terra”[5].
L’osservazione di Leonardo, pur mirando ad una realizzazione tecnica, non
si limita a considerare gli aspetti meccanici paradigmatici del volo comuni
alle varie specie, ma conserva l’interesse per la tipologia identitaria e il
carattere degli esemplari incontrati, come si desume da un’annotazione quale
questa: “Il cortone, uccello di rapina ch’io vidi
andando a Fiesole…”[6].
Per cercare di entrare nel mondo di queste creature, il Genio di Vinci
aveva già sperimentato la chiave antica della mitizzazione confabulatoria e
antropomorfa dei tratti comportamentali tipica delle favole di Esopo, come nel
breve apologo I tordi e la civetta[7], ma poi era sempre ritornato a
confidare in quelle risorse dell’esperienza di osservazione che gli avevano consentito,
ad esempio, di schizzare con la maestria di poche linee i corpi dei pennuti che
sfruttano le correnti aeree per le loro evoluzioni, suggerendo la velocità e la
direzione con rapidi tratti di inchiostro e creando, così, un modello grafico trasmesso
per secoli e divenuto irrinunciabile nel fumetto contemporaneo e nei suoi
derivati.
Non si fa fatica a immaginare il poliedrico autore della Gioconda intento a
spiare quel movimento tipico degli uccelli posati su un ramo quando, sporgendo
in avanti il proprio corpo fino a sbilanciarsi del tutto, riescono a riprendere
l’equilibrio senza rischiare di cadere e senza battere le ali. Un’abilità che
sembra dipendere dalla coordinazione finalizzata di molte componenti
fisiologiche, le stesse che intervengono nel salto che consente di spiccare il
volo; una risorsa di regolazione dell’equilibrio espressa con naturale
disinvoltura, ma che, dopo oltre cinquecento anni, rimane in gran parte
misteriosa.
Infatti, lo studio di statica, dinamica e biomeccanica dei volatili che si
accingono al decollo, ha dimostrato che, secondo le leggi della fisica, lo
squilibrio di pesi e forze che si genera dopo la propulsione verso l’alto,
dovrebbe far precipitare in basso le povere bestiole e farle impattare il suolo
col becco, subito dopo aver preso l’aria. Eppure, ciò non accade, e oggi,
sebbene si conoscano i circuiti del cervello aviario che mediano ogni genere di
movimento, ancora non si sa perché.
Ben Parslew, ingegnere biomeccanico
dell’Università di Manchester, per realizzare automi in grado di saltare come
gli uccelli, con il suo team di
ricerca ha ripreso le osservazioni dal punto in cui le aveva lasciate Leonardo[8].
Osservando e registrando il moto che compiono i pennuti per alzarsi in volo
ci si rende conto che si tratta di un comportamento esplosivo che riflette il
repentino passaggio dall’assetto sensomotorio neuromuscolare e di controllo
dell’equilibrio tipico della locomozione al suolo o sugli alberi, all’assetto neurofunzionale aereo, di specifica e differente calibratura
gravitaria, nonché sensomotoria e dinamica. La
necessità di una tale transizione a getto,
supportata da una resistenza elastica delle articolazioni delle zampe che la
rende tanto leggera quanto immediata, risiede nell’esigenza di stabilità dinamica durante la fase di accelerazione.
Parslew e colleghi si sono chiesti come
facciano i volatili a conservare il controllo dell’atteggiamento del corpo e l’asse
della traiettoria durante la commutazione
di pattern che ha luogo nel decollo.
Lo studio del movimento ha suggerito che la stabilità è ottenuta a un costo
relativamente basso. L’analisi del problema ha mostrato che i margini di
stabilità durante il distacco dalla base di appoggio sono realmente molto
ristretti e che le considerazioni di stabilità svolgono un ruolo significativo
nella selezione dell’appropriata cinematica di salto. I ricercatori hanno
allora studiato le due condizioni paradigmatiche della spinta propulsiva verso
l’alto, ossia quella esercitata a partire dalla presa delle zampette su un ramo
o posatoio (decollo prensile), e
quella che avviene direttamente dal suolo o altra base piana (decollo non-prensile), impiegando
modelli teorici computerizzati, la cui descrizione tecnica esula dai limiti di
questo scritto[9].
L’instabilità primaria che si verifica
in questa condizione è il tipping, come è stata suggestivamente definita dagli
ingegneri biomeccanici, sfruttando la multisignificatività
semantica del termine che, oltre a rendere l’italiano pendere o essere inclinati,
vuol dire anche ribaltarsi, capovolgere, rovesciare. Ma qui il termine è impiegato secondo un preciso valore
semantico di natura tecnica, così definito da Ben Parslew
e collaboratori: rotazione del centro di
gravità intorno al punto di contatto al suolo; il tipping si verifica quando il
centro di pressione cade fuori della zampa funzionale.
Un importante contributo conoscitivo di questo studio consiste proprio
nello sviluppo grafico dei margini di stabilità del tipping, sia in rapporto alla
localizzazione del centro di gravità
sia in relazione all’angolo di
accelerazione. I ricercatori dimostrano che l’accelerazione angolare nose-up estende i confini di stabilità
spostandoli in avanti, in tal modo favorendo i decolli di bassa quota.
A questo punto del lavoro, Ben Parslew e gli
altri ingegneri biomeccanici hanno deciso di impiegare i margini di stabilità
per “interrogare” i decolli simulati di uccelli reali, usando i dati cinematici
sperimentali pubblicati per la Gallina faraona (Numida meleagris), in inglese Guinea fowl,
un uccello dell’ordine dei Galliformi
e della famiglia delle Numididae
che rappresenta un modello di decollo dal suolo, e per la Tortora diamantina (Geopelia cuneata), in inglese Diamond dove, un uccello australiano
dell’ordine dei Columbiformi e della
famiglia delle Columbidae,
che costituisce un modello di decollo prensile.
Per la faraona i dati indicano
che la prima parte del salto è stabile,
ma poi le simulazioni mostrano un’instabilità intermittente non osservata
sperimentalmente, che è probabilmente dovuta all’assenza di compliance nel modello tecnico
idealizzato delle articolazioni; in altri termini, un difetto rispetto alle potenzialità biomeccaniche influenzate dalla
regolazione neuromotoria dell’originale biologico. Il modello della tortora australiana conferma che la
zampa, nel decollo prensile, fornisce un’attiva reazione di rotazione necessaria a spiccare il volo, che estende il
raggio degli angoli di salto stabile di circa 45°[10].
In una sintesi estrema, Parslew e collaboratori
hanno scoperto come gli uccelli evitano di cadere sul becco subito dopo il
salto per spiccare il volo: durante l’accelerazione di ascesa ruotano
lievemente il corpo all’indietro, e tutte le articolazioni, dalle dita delle
zampe alle ali, contribuiscono al compenso elastico dello squilibrio meccanico
generato dalla transizione.
Jason G. Goldman ha dedicato un breve commento a questi studi, riferendo
che Parslew ha dichiarato che gli ingegneri possono
usare l’informazione da lui ottenuta per realizzare automi in grado di saltare
meglio di quelli attuali e, soprattutto, spiccare il volo in modo più
efficiente e sicuro, superando i problemi delle nostre più moderne macchine
volanti. Infatti, gli aerei e tutte le macchine aereomobili
concepite sullo stesso modello, hanno bisogno di lunghe piste per decollare,
mentre elicotteri, droni e simili richiedono piattaforme ampie, regolari e
stabili per sollevarsi, e non potrebbero spiccare il volo da un ramo
oscillante. In entrambi i casi, la tecnologia richiede tempo per superare la
forza di gravità e ottenere l’ascesa in aria[11].
Lo studio di Manchester ha attratto l’attenzione di un ricercatore
indipendente della Southern California University, lo
studioso di biomeccanica Michael Habib, che ha
osservato: “Scatti elastici e moti a leva consentono un’accelerazione più
rapida di ruote e assi, e molti animali sono maestri di scatti e leve. Un gatto
domestico può battere una Lamborghini Diablo nello scatto dei primi 100 piedi”[12]. Infatti, mentre l’automobile deve
aumentare i giri del motore progressivamente, il gatto si catapulta nella
corsa, secondo lo stesso principio alla base del decollo degli uccelli. Habib ha apprezzato il lavoro di Parslew,
anche se ritiene che ci sia ancora qualcosa da scoprire: “Se tu puoi
comprendere come questo funziona, puoi costruire un robot che è buono per
camminare e per volare, e che sarà in grado di decollare immediatamente in
qualsiasi condizione e atterrare nello spazio di una monetina da dieci
centesimi”[13].
Sappiamo che Parslew e colleghi hanno avviato il
lavoro per la realizzazione di questo automa, in alternativa a quelli montati
su ruote che attualmente si adoperano nei programmi spaziali per l’esplorazione
dei pianeti.
L’autore
della
nota ringrazia il
Presidente della società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, Giuseppe Perrella,
per il contributo alla scrittura del testo, e invita alla
lettura di recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Lorenzo L.
Borgia
BM&L-11 maggio
2019
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Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle
Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice
fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Cfr. Carlo Pedretti, Il Genio in presa diretta, in “Leonardo
– arte e scienza”, p. 7, Giunti, Firenze 2000. Lorenzo il Magnifico nacque nel
1449, Leonardo il 15 aprile del 1452.
[2] Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, UCE, Roma 1890.
[3] Codice Trivulziano, 36.
[4] Redatto nel 1505 o 1506,
ereditato alla morte di Leonardo con gli altri manoscritti dall’amico Francesco
Melzi, fu poi restaurato dallo scultore Pompeo Leoni
e, dopo oltre tre secoli di passaggi di mano, è attualmente custodito presso la
Biblioteca Reale di Torino. Il titolo Ucelli et altre cose
vergato da Carlo Amoretti nel 1804 è leggibile solo mediante lampada di Wood.
[5] Tratto dal Codice sul volo degli uccelli (v. nota 4).
[6]
Idem.
[7] Giovanni Ponte, Leonardo prosatore, p. 285, University of Michigan, Tilgher,
Genova 1976. Si legge: “I tordi si rallegrarono forte, vedendo che l’omo prese
la civetta e le tolse la libertà […]. Detta per quelle terre che si rallegrano
di vedere perdere la libertà ai loro maggiori…”.
[8]
Ben Parslew, Girupakaran Sivalingam, William Crowther, A dynamics and stability
framework for avian jumping take-off. Royal
Society Open Science – Epub ahead of print
https//doi.org/10.1098/rsos.181544, 31 October 2018.
[9] L’uso ormai costante di questo software non deve meravigliare, in
quanto l’impiego di modelli matematici è uno strumento tradizionale della
ricerca biomedica, fin da quando Daniel Bernoulli,
nel 1760, introdusse modelli matematici per prevedere e studiare i tassi di
mortalità da vaiolo, e Francis Galton, cugino di
Charles Darwin, applicò la statistica alla genetica creando modelli per gli
studi di popolazioni.
[10]
Cfr. Ben Parslew, Girupakaran Sivalingam, William
Crowther, op. cit.
[11]
Goldman J. G., Hop to it. Scientific American 320 (2): 15, 2019.
[12]
Goldman J. G., op. cit.
[13] Goldman J. G., op. cit.